INCAPACITÀ DI FAR FRUTTARE IL SILENZIO
Guarda come risalta l’ombra del
violoncello sulla pedana
la forma lirica della cassa, la
legatura esausta delle sue corde –
non vedi?
cammini con il passo di chi ha
l’abitudine alla corsa
e non si ferma a guardare
un’idea dopo l’altra i piedi remano al
ritmo della marcia – più veloce
più lenta -, il giorno è immobile sul
cosmo del marciapiede dove
tu vedi all’altezza degli occhi la
donna che ti passa accanto
in trasparenza, un po’ corpo un po’
abbaglio, il passo inconsapevole
sul bordo bianco di marmo, la fronte
illividita dal freddo
dietro lo sguardo indistinto dei
sonnambuli
le mani che dormono come ali
reclinate nelle tasche –
questo lo vedi? come la chiami una
donna così?
se parla, lo sai di cosa parla e dove
vive il suo idioma?
e sai a che prezzo si accuccia nel suo
letargico silenzio?
Ora di lei restano
le fibre secche dell’albero piantato in
pozze di cemento
il cielo stagnato in globi d’acqua
una strada di sogno nel frastuono
che cresce.
[su Il Sole-24Ore del 15/09/2013, p. 33]